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Lettera del direttore

Il Food in Film Festival prosegue. La passione e
l’impegno di un gruppo di cinefili per il buon cinema e la buona tavola continua
a coniugare e a promuovere un festival a “due vie” in uno dei panorami nazionali
più intriganti, la Langa. Parlare di gusto attraverso la visione:
il mangiare e il bere sono bisogni primari dell’essere umano, fonti di piacere,
socialità, condivisione, solidarietà; il vedere e l’osservare un potente mezzo
di comprensione e verifica della realtà.
Ma il cinema non può perdere di vista lo scopo di
inesauribile contenitore di conoscenza, di movimento di idee e di incontro. E il
Food in Film Festival non può dimenticarsi di essere cinema che si sposta
in un percorso itinerante per diventare cibo di salute e di cultura.
Entrambi inoltre non possono sottrarsi a questo nostro tempo, così controverso e
inquieto nell’utilizzo solidale delle risorse esistenti, rassegnato ad un
confronto sui saperi mediocre e invaso da tv e media, in cui le memorie
trasversali svaniscono silenziose. Così in questa edizione abbiamo deciso
di parlare di fame; di beni esistenziali primari –
quali l’acqua – violati e mercificati; di
eresie (dal greco αιρεσις
"scelta")
come necessità di nuove
possibilità e capacità sociali; di recuperi di risorse ieratiche -
un aggettivo di cui rammentiamo a stento il significato, eppure perfettamente
adatto ai contenuti dei lavori - come parte migliore delle cose, come essenza
di antiche saggezze, rigore, sostanza senza ridondanza, che si rifa al sapore
fondamentale e di nuovo a quel sacro ab origine che abbiamo; del binomio
inossidabile eros – cibus – filosofie secolari, linguaggi di
straordinaria eccellenza e materia prima espressiva del grande schermo e della
vita.
Agli
inizi dell’800
nessuno credeva che fosse possibile fornire cibo sufficiente a tutti gli
abitanti del mondo. Oggi, grazie agli sviluppi di scienza e tecnologia,
l’agricoltura mondiale sarebbe in grado di nutrire dodici miliardi di persone.
La popolazione mondiale ammonta a sei miliardi ... ma ogni giorno muoiono
centomila persone di fame o a causa di malattie provocate da malnutrizione.
Jean Ziegler, professore di economia all’università di Ginevra e alla
Sorbona di Parigi, scelto dalla Commissione ONU per i Diritti Umani come
relatore del comitato per il diritto al cibo, ha prodotto una
serie di studi sul problema della fame nelle nazioni in via di sviluppo. Nel suo
L’empire de la honte [L’impero della vergogna] scrive: "Nelle favelas del
nord del Brasile, ci sono madri che di sera riempiono una pentola d’acqua e poi
aggiungono dei sassi. Spiegano ai loro bambini che piangono per la fame che
presto sarà pronta la cena, sperando che intanto si addormentino". C’è
qualcuno in grado di misurare la vergogna che prova una madre davanti ad un
figlio che non è in grado di saziare? La fame diventa così
un’arma di distruzione di massa, usata per schiacciare e umiliare.
La Conferenza Mondiale per i Diritti Umani tenutasi a Vienna nel 1993 ha
proclamato, tra gli altri, “il diritto ad avere cibo sufficiente
che si realizza quando ogni uomo, donna e bambino, ha accesso a nutrimento
adeguato oppure ai mezzi per procurarsi tale nutrimento. Si intende una
disponibilità di cibo in quantità e qualità tali da soddisfare i bisogni
dietetici degli individui, così come previsto nella loro cultura. Questo diritto
ha un legame inscindibile con la dignità della persona umana". Nel 1990 aveva
già formato un gruppo speciale allo scopo di produrre un nuovo standard
legislativo internazionale che aiutasse a garantire il diritto al cibo, bloccato
subito dalle maggiori imprese multinazionali. La scelta di uno sviluppo
sostenibile non è una fissazione di ambientalisti maniaci, ma è una strada
realistica percorribile per uscire dal pantano in cui stiamo affondando.
L’economia è il solo mezzo per risolvere la fame quando è la stessa che la
genera. Economia – ambiente – cultura.
Parafrasando Federico Garcia Lorca nel suo Discorso sul teatro, sentiamo
il cinema come uno dei mezzi moderni culturali di comprensione più efficaci, una
tribuna libera da cui gli uomini possono denunciare e spiegare... Attento
e ben orientato, può cambiare la sensibilità di un popolo; al contrario, può
addormentare e rendere volgare un’intera nazione, se non sa cogliere
l’inquietudine sociale, la pulsazione della storia, il dramma della sua gente.
Come
può un festival cinematografico – e sul food - intervenire su questo?
Mostrando tutto questo, e – peculiarità specifica della zona e della
manifestazione - senza fretta, senza obbligarsi a kermesse o a anacronistici
rituali mondani. Con il tempo per bere, incontrarsi e ascoltarsi. Costruendo
luoghi, ipotesi, situazioni, sogni in cui il gustare e il guardare diventino
spunti e piccoli orli di una costante caparbia rete di umana solidarietà di vita
e di costume. Perché il cibo sia di tutti, diritto inalienabile di sopravvivenza
e coscienza. Senza la veloce necessità di dimenticare, contribuendo ad
un’avanguardia di umanità consapevole.
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